Elettricità

Elettricità

L0 STATO ELETTRICO DEI CORPI

  • A tutti è capitato di camminare su un tappeto (o su una moquette) e di sentire una scossa elettrica toccando la maniglia della porta, o di notare pettinandosi in una giornata particolarmente secca, di sentire i capelli scricchiolare e di vedere il pettine (purché non metallico) attirare i capelli che viceversa tendono ad allontanarsi tra loro. Se infine si strofina con un panno di lana una penna o un righello di plastica, entrambi diventano capaci di attirare piccoli pezzetti di carta.
  • In tutti questi casi ci troviamo davanti a un particolare tipo di fenomeno: un fenomeno elettrico.

    Per poter studiare meglio la faccenda, proponiamo una semplice esperienza: utilizzando due bacchette di plastica e una di vetro; strofinando entrambe le bacchette di plastica con un panno di lana e appendone una a un supporto per mezzo di un filo in modo da costruire un piccolo pendolo.
    Quando si avvicina al pendolo l’altra bacchetta di plastica si osserva che le due bacchette tendono ad allontanarsi. Si verifica cioè una repulsione.
    Strofinando la bacchetta di vetro con la lana e avvicinandola al pendolo di plastica; questa volta si osserverà che le bacchette tendono ad avvicinarsi.

    Si è verificata cioè un’attrazione. Da questa semplice esperienza si possono trarre alcune importanti conclusioni:

    Ma lo stato elettrico acquistato da un corpo può passare a un altro? E che ne è del panno con il quale si è rispettivamente strofinato la plastica e il vetro?

    Prima di rispondere procediamo a un secondo esperimento: si prenda una pallina abbastanza leggera (di sughero o di plastica), si ricopra di carta stagnola e si appenda a mo’ di pendolino; con la bacchetta di plastica ancora carica si tocchi la pallina: si noterà che, subito dopo il contatto, la pallina viene respinta.

    Questo si spiega pensando che lo stato elettrico negativo della plastica è passato alla pallina e quindi, essendo dello stesso segno, i due corpi si respingono.
    Se adesso si avvicina alla pallina il panno di lana che è servito a «caricare» la plastica si osserverà che essi si attirano: questo significa che la pallina, e quindi la plastica, sono cariche, o hanno una carica, di segno opposto alla lana.
    Da questa seconda esperienza si possono trarre allora altre importanti conclusioni:

    Quando si manifesta uno stato elettrico, contemporaneamente si manifesta quello di segno opposto.

    Attenzione, però! Prima di essere strofinati, gli oggetti dei nostri esperimenti non dimostravano di possedere né elettricità positiva, né elettricità negativa; erano, come si dice, elettricamente neutri.

    Allora quale è stata la causa che ha fatto acquistare ad essi elettricità abbandonando lo stato neutro?

    L’ipotesi più probabile è che ogni corpo abbia in sé cariche positive e negative in numero uguale, tali quindi da compensarsi a vicenda: per questa ragione un corpo, normalmente, non presenta alcuno stato elettrico.
    Lo strofinio sarebbe il sistema con il quale si aggiungono o si tolgono al corpo cariche di un dato segno, alterando l’equilibrio elettrico naturale e facendo prevalere in esso uno dei due stati elettrici, il positivo o il negativo.

    L’ELETTRICITÀ E IL MODELLO ATOMICO

    Per comprendere la natura dei fenomeni elettrici occorre riprendere il discorso sulla struttura dell’atomo. L’atomo è costituito da cariche elettriche di segno opposto e in uguale quantità in modo che complessivamente abbia carica elettrica nulla, cioè sia neutro.
    E stato sperimentalmente dimostrato che ogni atomo è costituito da un
    nucleo centrale e da un certo numero di elettroni rotanti attorno ad esso. Il nucleo è formato da protoni e neutroni, tenuti assieme da forze di grande intensità ma aventi un brevissimo raggio d’azione. I protoni hanno carica elettrica positiva, i neutroni non hanno carica elettrica; la carica degli elettroni è uguale a quella dei protoni, ma ha segno opposto, è cioè negativa.
    Se sull’atomo non agisce alcuna causa esterna, gli elettroni continuano a ruotare intorno al nucleo senza dar luogo ad alcun fenomeno particolare. In tale condizione si dice appunto che l’atomo è elettricamente
    neutro. Se con mezzi adatti si sottraggono agli atomi di un corpo uno o più elettroni, diciamo che il corpo si è elettrizzato positivamente, perché avendo perduto elettroni prevale in esso la carica positiva dei protoni del nucleo; mentre se si aggiungono agli atomi di un corpo uno o più elettroni, diciamo che si è elettrizzato negativamente, perché ha acquistato un numero maggiore di elettroni.

    Il mezzo più semplice per aggiungere o per sottrarre elettroni all’atomo di un corpo è appunto lo strofinio.

    L’elettricità è pertanto un fenomeno che dipende dallo stato delle particelle elettricamente cariche, che costituiscono gli atomi.

    Ad esempio, strofinando fa plastica con la lana, alcuni elettroni sono passati alla plastica che si è così caricata negativamente, mentre la lana si è caricata positivamente (avendo ora un eccesso di protoni).

    Ma le cose possono anche andare diversamente: l’elettrizzazione cioè può avvenire anche senza passaggio di elettroni da un corpo all’altro.

    Se un palloncino di gomma elettrizzato negativamente viene posto vicino a un altro palloncino non elettrizzato, le sue cariche negative respingono gli elettroni del secondo palloncino, facendoli allontanare. In tal modo, il secondo palloncino, pur rimanendo nel suo complesso elettricamente neutro, presenta una prevalenza di cariche positive nella regione più vicina al palloncino elettrizzato, di cariche negative nella parte più lontana. Sui due palloncini vengono così a fronteggiarsi cariche di segno opposto; di conseguenza i palloncini si attraggono. Questo tipo di elettrizzazione a distanza tra un corpo carico e uno neutro, che è sempre causa di attrazione mai di repulsione, viene detta elettrizzazione per induzione.

    ELETTRICITÀ IN MOVIMENTO

    Torniamo un istante all’esperienza descritta un partenza: una volta che sia elettrizzata la pallina ricoperta di carta stagnola, si provi a toccarla con le mani; avvicinando poi ad essa la bacchetta di plastica si osserverà che la pallina resta immobile mostrando di aver perduto la sua carica.

    Questo non accade invece né al vetro né alla plastica: vetro e plastica conservano a lungo il loro stato elettrico. Tutti i materiali (in particolare i metalli e lo stesso corpo umano), che si comportano come la pallina coperta di stagnola si dicono conduttori; si chiamano invece isolanti quelli che si comportano come il vetro e la plastica.

    Gli elettroni che ricoprivano la superficie della pallina passano attraverso il corpo e si disperdono a terra, proprio per la loro capacità di muoversi liberamente sia attraverso la pallina sia attraverso il corpo umano.

    Ciò non avviene invece per la plastica e il vetro: solo le cariche a diretto contatto con le dita possono passare attraverso il corpo e disperdersi a terra, le altre restano «intrappolate» e impossibilitate a muoversi.

    Tutte le volte che abbiamo a che fare con elettricità in movimento parleremo di corrente elettrica e poiché essa può stabilirsi, con vari meccanismi, attraverso la materia in tutti i suoi diversi stati di aggregazione, e cioè nei solidi, nei liquidi e nei gas, è utile chiarire che cosa causa il movimento delle cariche elettriche, cioè che cos’è la differenza di potenziale.

    Si dice che un conduttore, preventivamente caricato, si trova a un certo potenziale quando le cariche elettriche depositate su di esso lo possono abbandonare non appena il corpo venga collegato al suolo ("a terra") tramite un altro conduttore: tanto più il corpo è carico tanto più è elevato il suo potenziale.

    Analogamente si dice che tra due corpi esiste una differenza di potenziale quando ciascuno di essi si trova a potenziale diverso.

    La differenza di potenziale elettrico può essere paragonata alla differenza di livello di un liquido contenuto in recipienti diversi.

    Se i due corpi vengono posti a contatto per mezzo di un conduttore, si stabilirà tra di essi una corrente che si estinguerà non appena la carica sia divenuta uguale su ciascun corpo.

    Esistono dei corpi conduttori capaci di mantenere ai loro estremi una differenza di potenziale anche quando tali estremi sono collegati da un conduttore: questi corpi vengono detti generatori.

    LA PILA E IL CIRCUITO ELETTRICO

    Fino quasi alla fine del 1700 l’unica forma di elettricità che si sapeva ottenere era l’elettricità statica, cioè quella che veniva generata per strofinio. Non si era in grado cioè di produrre correnti elettriche durevoli.

    Fu Luigi Galvani (1737-1798), professore di anatomia all’università di Bologna, ad osservare per primo, durante i suoi studi sulla propagazione degli impulsi nervosi, che quando si toccavano i nervi scoperti di una rana con due metalli diversi - rame e argento oppure zinco e rame - si produceva una piccola scarica che faceva contrarre i muscoli dell’animale.

    Quest’effetto (detto elettricità animale) venne subito messo in relazione con i diversi metalli impiegati e sfruttato da Alessandro Volta per realizzare uno strumento di grande utilità per gli studi successivi, la pila, per mezzo della quale era possibile produrre una scarica di notevole durata.

    Nella pila di Volta vi erano un disco di rame e un disco di zinco, separati da un disco di panno imbevuto in una soluzione acquosa di acido solforico: questi tre dischi ne formavano un elemento. La pila era formata da parecchi di questi elementi appoggiati uno sopra l’altro. Alle sue estremità, o poli, vi era da una parte un disco di rame (polo positivo o anodo, +) e dall’altra un disco di zinco (polo negativo o catodo, -).

    Il contatto tra i due poli era stabilito mediante due fili di rame attaccati rispettivamente uno allo zinco all’estremità inferiore della pila e l’altro al rame all’estremità superiore.
    Quando il
    circuito veniva "chiuso", si aveva il passaggio continuo di elettricità.
    Si determinava cioè la comparsa di una corrente elettrica, che circolava dal polo positivo al polo negativo per ritornare al polo positivo di partenza, dopo avere attraversato l’interno della pila.
    Mettendo dunque a contatto due metalli diversi si origina elettricità: la pila di Volta era il primo generatore di corrente.

    Le comuni pile sono altrettanti generatori di corrente. Esse sono contrassegnate con i segni «più» e «meno» in corrispondenza di due zone, chiamate poli, nelle quali l’equilibrio elettrico è stato turbato.

    Più precisamente, si sono costretti elettroni a spostarsi da un polo all’altro, così che dove risultano in eccesso prevale la carica negativa, dove ne mancano prevale la carica positiva: i poli hanno potenziale elettrico diverso.

    Quando si collegano i poli di una pila con un conduttore, si genera in questo un flusso di elettroni, cioè una corrente elettrica.

    L’insieme costituito dal generatore, cioè dalla pila, e dal filo conduttore collegato ai suoi poli si chiama circuito elettrico.

    Come in un circuito idraulico l’energia dell’acqua è sfruttata per mettere in moto le pale di un mulino o di una turbina, così in un circuito elettrico l’energia degli elettroni in movimento è sfruttata dai cosiddetti apparecchi utilizzatori quali: le comuni lampadine da illuminazione, gli apparecchi riscaldatori, alcuni tipi di motori, gli elettrodomestici.

    Opportuni dispositivi, detti interruttori, consentono o meno il passaggio della corrente nel circuito a seconda della necessità di una sua utilizzazione.
    La presenza degli interruttori fa sì che nel circuito si vengano a determinare due possibili situazioni:

    EFFETTI DELLA CORRENTE ELETTRICA E SUA MISURA

    Abbiamo già osservato il meccanismo di conduzione della corrente nei liquidi a proposito del sale da cucina (NaCl). Ora vogliamo vedere il fenomeno sotto un altro aspetto. Quando lo ione Cl arriva all’elettrodo positivo, cede il suo elettrone in più all’elettrodo stesso, diventando neutro. Così succede per lo ione Na che, una volta arrivato all’elettrodo negativo, riacquista l’elettrone che gli mancava diventando anch’esso neutro.

    Cloro e sodio rimangono dunque depositati intorno al rispettivo elettrodo. Qual è il risultato del passaggio di corrente?

    E molto semplice: la molecola di sale NaCI è stata scomposta nei suoi due componenti sodio e cloro che possono essere recuperati agli elettrodi.

    L’effetto chimico del passaggio di corrente consiste appunto in questo fenomeno, chiamato elettrolisi.

    Un altro effetto della corrente elettrica di notevole importanza per le sue numerose e utili applicazioni è l’effetto termico, che consiste nel riscaldamento di un conduttore quando questo viene attraversata dalla corrente.

    Infatti gli elettroni in movimento che formano la corrente urtano continuamente gli atomi del conduttore incontrando una resistenza durante il loro moto.

    La resistenza elettrica è paragonabile all’attrito che si manifesta nella zona di contatto tra due corpi in moto reciproco: come una parte dell’energia posseduta dai due corpi viene inevitabilmente dissipata in calore per vincere l’attrito, così una parte dell’energia elettrica che percorre un conduttore viene trasformata in calore.

    Spesso, è utile inserire una resistenza in un circuito elettrico, proprio per sfruttare l’energia che gli elettroni, ostacolati nel loro fluire, sono costretti a cedere agli atomi in quel tratto di circuito.

    La più comune applicazione di questo effetto è la lampadina a incandescenza, nella quale il riscaldamento prodotto nel filamento a causa del passaggio di corrente è tale da portare il filamento stesso all’incandescenza, così che possa emettere luce.

    Le applicazioni dell’effetto termico della corrente sono tantissime. Il ferro da stiro, che viene normalmente utilizzato nelle nostre case, si riscalda grazie a delle resistenze che appunto sfruttano tale effetto. Lo stesso principio viene utilizzato dall’ asciugacapelli, dal tostapane e dalla stufa elettrica.

    L’ultimo effetto della corrente elettrica è quello magnetico: un conduttore percorso da corrente è in grado di influenzare l’ago di una bussola posta nelle sue vicinanze.

    Naturalmente è importante poter misurare l’intensità di una corrente elettrica, cioè il numero di cariche elettriche (quantità di elettricità) che nell’unità di tempo (in un secondo) passano attraverso la sezione di un conduttore.
    L’unità di misura dell’intensità di corrente è
    l’ampere (A). Un ampere è uguale a 6,25 x 1018 elettroni al secondo.

    Come si è appreso, in una pila elettrica vi è un accumulo di elettroni in corrispondenza di uno dei due poli.
    Evidentemente per determinare questo accumulo è stato compiuto del lavoro: ne consegue che gli elettroni hanno acquistato
    energia potenziale e il polo ove si trovano è descritto come una zona ad alto potenziale (+).
    Viceversa l’altro polo che non ha accumulato elettroni, è descritto come una zona di basso potenziale (-).

    La differenza di potenziale fra i due elettrodi si chiama voltaggio (o tensione). Il voltaggio è una misura dell’energia disponibile per muovere le cariche di un circuito: il voltaggio si misura in volt (V).

    E il voltaggio che fa scorrere le cariche in un circuito: più alto è il voltaggio, maggiore è il numero d’elettroni che può scorrere in un conduttore. Il numero di elettroni che può scorrere in un conduttore può essere paragonato alla quantità d’acqua che può scorrere in una tubazione; il voltaggio del conduttore si può paragonare alla pressione dell’acqua nella tubazione.

    La quantità d’acqua che può fluire in una tubazione dipende dalla pressione dell’acqua. In simil modo, il numero di elettroni che può fluire in un conduttore dipende dal voltaggio.

    Il numero di elettroni che può scorrere in un conduttore dipende anche dalla resistenza. L’unità di misura della resistenza è l’ohm. Parecchi sono i fattori che influenzano la resistenza di un conduttore:

    Non tutti i conduttori trasportano la stessa quantità di corrente elettrica. Per esempio, un filo collegato a una stufa elettrica trasporta maggior quantità di corrente di uno collegato a una lampadina.

    L’intensità della corrente e la resistenza sono due grandezze inversamente proporzionali.

    Di quanto è maggiore l’una, di tanto l’altra è minore e viceversa.
    La relazione tra voltaggio (tensione), intensità di corrente e resistenza si esprime con la
    legge di Ohm secondo la quale: ad una tensione maggiore corrisponde un’intensità di corrente maggiore; ad una resistenza maggiore corrisponde una intensità di corrente minore.
    Questa legge è molto importante poiché consente di determinare una delle tre grandezze, quando sono note le altre due.

    Se indichiamo con V la tensione, con I l’intensità e con R la resistenza, si ha la formula

    I = V / R

    Da essa si possono ricavare le altre due formule:

    V = I x R

    R= V / I

    I GENERATORI DI CORRENTE ELETTRICA

    I principali generatori di corrente elettrica sono: le pile, gli accumulatori, le dinamo e gli alterrnatori.

    Pile e accumulatori sono generatori chimici: producono energia elettrica, a partire da quella chimica, in base a un processo simile a quello dell’ elettrolisi.

    Le pile sono utilizzate per far funzionare radioline, giradischi, registratori, orologi elettrici, cineprese e, in generale, tutti gli apparecchi portatili, che funzionano indipendentemente dall’allacciamento alla rete elettrica, e che non richiedono tensioni troppo elevate.

    Negli accumulatori a piombo alcune lastre di piombo, alternate a lastre di biossido di piombo, sono immerse in acido solforico diluito con acqua distillata.

    Nella fase di scarica l’accumulatore eroga energia elettrica ottenuta dalla trasformazione di energia chimica: le lastre di piombo liberano elettroni che sono acquisiti dalle lastre di biossido. In questo processo l’acido solforico si combina con il biossido di piombo dando solfato di piombo; quando tutto l’acido solforico si è trasformato, l’accumulatore smette di funzionare; si deve allora procedere alla sua carica, fornendo energia elettrica alle piastre (il processo chimico allora s’inverte).

    Nella pila, due elettrodi di metallo diverso sono immersi in una soluzione elettrolitica; l’anodo è costituito da un metallo che tende a sovraccaricarsi di elettroni mentre il catodo è l’elettrodo che tende a perdere elettroni; lo spostamento di elettroni dal catodo all’anodo genera la corrente elettrica.

    POTENZA ELETTRICA

    L’energia elettrica si trasforma in altra forma di energia: luminosa (nelle lampadine), termica (nelle stufe), sonora (negli stereo).

    Non tutti i dispositivi elettrici usano la medesima quantità di energia. Supponiamo di voler riscaldare una stanza usando l’energia elettrica: allo scopo userai una stufa elettrica che emette una maggiore quantità di calore di un asciugacapelli e che consumerà anche più corrente dell’asciugacapelli funzionando per lo stesso periodo di tempo.

    Quanta più corrente usa un apparecchio elettrico, tanto maggiore è l’energia elettrica che consuma. La quantità di energia elettrica consumata nell’unità di tempo (secondo) si chiama potenza elettrica.
    La potenza della stufa elettrica è maggiore di quella dell’asciugacapelli poiché la stufa utilizza una quantità maggiore di energia elettrica al secondo rispetto all’ asciugacapelli
    .

    La potenza si misura in watt (W). La potenza è il lavoro che si compie in rapporto al tempo che si impiega a compierlo; poiché il lavoro è energia, possiamo considerare la potenza come l’energia trasformata nell’unità di tempo.

    Perciò se una lampadina "consuma’ energia elettrica in ragione di 60 Joules al secondo, trasforma ad ogni secondo 60 Joules di energia elettrica in energia luminosa e in energia termica: ha quindi una potenza di 60W.

    Più alto è il numero di watt, più intensa è la luce emessa dalla lampadina e maggiore è l’energia che consuma. Un’unità di potenza superiore al watt è il kilowatt (kW).
    Un kilowatt è un’unità di potenza uguale a 1000 watt, ossia 1000 joule al secondo.


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